Molti lavoratori, sia dipendenti che professionisti, sono costretti ad utilizzare la vettura di proprietà per svolgere la propria professione quando la società dalla quale si dipende non mette a disposizione una vettura aziendale. Per sopperire a questa mancanza sono previsti i cosiddetti rimborsi chilometrici, aggiornati al 2020 e pubblicati in Gazzetta Ufficiale n.305 del 31 dicembre 2019, Supplemento Ordinario n. 47. Analizziamo in questa guida cosa sono e come si calcolano.
Rimborso chilometrico: cos’è
Sia che si eserciti una attività lavorativa in qualità da dipendente che in qualità di professionista può capitare, più o meno frequentemente, di dover utilizzare l’automobile per effettuare delle trasferte. Se l’azienda per la quale si lavora non mette a disposizione una vettura aziendale, è possibile ottenere il rimborso chilometrico per alcune tipologie di spese sostenute.
Quando si parla di rimborso chilometrico si intende l’indennità cui ha diritto il dipendente o il collaboratore qualora utilizzi la propria autovettura per fini aziendali . Il diritto al rimborso chilometrico matura quando il dipendente, o il collaboratore si sposta dalla propria abituale sede di lavoro verso un altro luogo al fine di svolgere l’attività lavorativa.
Il dipendente, o il collaboratore di una ditta, ha quindi il diritto a percepire un rimborso per ogni chilometro percorso dalla sede della ditta fino alla meta finale e ritorno.
La scelta del datore di lavoro di non mettere a disposizione di vetture aziendali spesso può non essere compresa, ma le recenti modifiche normative hanno reso sempre meno conveniente il possesso di auto da dare in uso al dipendente, a causa della riduzione della quota detraibile dalle tasse .
Alla luce di queste evoluzioni normative, la società hanno così preferito usufruire del rimborso chilometrico.
Questo spetta al lavoratore purché la vettura utilizzata per le trasferte sia nella sua disponibilità. Pertanto non è necessario che l’auto sia di proprietà ed i costi inclusi all’interno del rimborso sono quelli relativi alle spese di carburante, pneumatici, riparazioni e manutenzione, quota ammortamento capitale, quota interessi sul capitale investito, assicurazione RCA e bollo auto. Restano esclusi dal rimborso chilometrico le spese inerenti i pedaggi autostradali e le tariffe dei parcheggi.
Rimborso chilometrico: le norme di riferimento
Per poter ottenere il rimborso chilometrico è fondamentale che il lavoratore sia stato autorizzato dal datore di lavoro ad effettuare la trasferta con la propria autovettura. In questo caso è necessaria una lettera di incarico che indichi il motivo della trasferta, il tipo di mezzo utilizzato, il compenso per ogni chilometro percorso e l’esplicito assenso all’utilizzo del veicolo da parte del dipendente.
Il conferimento dell’incarico può essere fatto in forme diverse. Se l’utilizzo dell’auto è occasionale è possibile conferire l’incarico con una nota scritta, mentre se è continuativo o ricorrente è possibile indicarlo nella lettera di assunzione o in una lettera successiva che dovrà essere sottoscritta per accettazione dal dipendente.
Analogamente, stando a quanto stabilito dalla Circolare n. 326/E del 1997, è fondamentale che la liquidazione del rimborso sia certificata sulla base di tre aspetti : percorrenza, tipo di veicolo utilizzato e relativo costo chilometrico.
L’ articolo 95, comma 3 del TUIR, il Testo Unico Imposte sui Redditi, disciplina il trattamento fiscale da applicare al rimborso chilometrico. Tutte le spese sostenute devono necessariamente essere documentate tramite fatture , scontrini, incarichi o note spese. L’ammontare deducibile è uguale al costo di percorrenza per vettura benzina con potenza massima non superiore a 17 cavalli e non superiore a 20 cavalli per quelle diesel.
Il rimborso chilometrico non è soggetto a tassazione in capo al dipendente , in quanto non è classificabile come remunerazione, ma come indennizzo per costi sostenuti dal dipendente per conto dell’impresa, mentre per quel che riguarda l’impresa la norma di riferimento sarà proprio il citato comma 3 dell’articolo 95 del TUIR.
La tassazione del rimborso varia a seconda della tipologia di trasferta. Se questa avviene all’interno del comune dove si trova la sede lavorativa allora si applicherà la tassazione, mentre se questa si svolge al di fuori del comune in cui si trova la sede di lavoro il rimborso non sarà soggetto a tassazione e si potrà applicare la deducibilità.
Analogamente, per quel che riguarda le trasferte extracomunali si devono distinguere due ipotesi. Se il rimborso è inferiore a quello calcolato partendo dalla sede di lavoro, allora questo non sarà soggetto a tassazione perché non considerato reddito imponibile, mentre se il rimborso è maggiore dovrà essere riconosciuto un rimborso complessivo di importo eccedente rispetto a quello da considerare esente.
Rimborso chilometrico: come si calcola
Conclusa la parte inerente la normativa di riferimento in materia di tassazione, è giunto ora il momento di capire come si calcola il rimborso chilometrico .
Per non commettere errori si deve fare riferimento alle Tabelle ACI ufficialmente riconosciute dall’Amministrazione finanziaria e dall’Inps. Queste sono consultabili, previa registrazione, sul sito web www.aci.it cliccando sul link costi chilometrici.
Le tariffe indicate dall’ACI sono determinate in base ai seguenti parametri : categoria del veicolo utilizzato (autovettura, motociclo, ciclomotore, fuoristrada, autofurgone), marca del veicolo, tipo di alimentazione, periodo di utilizzo e chilometri annui percorsi.
Nelle tabelle ACI sono stabilite delle fasce di percorrenza chilometriche tramite le quali effettuare il calcolo euro per Km. Nel compiere questa operazione si dovrà indicare la fascia relativa alla percorrenza media annua totale del veicolo comprensiva anche dell’uso personale da parte del proprietario.
Nel caso delle auto alimentate a benzina sono indicate delle fasce chilometriche di riferimento di 5.000 km l’una fino ad un massimo di 50.000 km l’anno, mentre per le vetture diesel queste fasce hanno un valore doppio e sono di 10.000 km ed arrivano fino a 100.000 km l’anno.
Analogamente sul sito ACI è possibile consultare anche le fasce chilometriche riservate ai veicoli a due ruote ed ai furgoni. Per i primi le fasce sono da 2.500 km ed arrivano coprono percorrenza massima annuale di 25.000 km, mentre per i secondi queste sono di 10.000 km e i rimborsi vanno da un minimo di 20.000 km ad un massimo di 90.000 km.
E’ sempre bene ricordare che per il dipendente, il collaboratore a progetto o l’amministratore non professionista, l’indennità corrisposta per le trasferte effettuate nel comune sede di lavoro concorre sempre a formare reddito ai fini IRPEF ed è soggetta a contribuzione previdenziale, mentre i rimborsi chilometrici per le trasferte effettuate fuori dal comune sede di lavoro non concorrono a formare reddito IRPEF.
02 01 2020