Fummo facili profeti, ricalcando le medesime preoccupazioni già espresse da Morgan Stanley e altri analisti: al primo sussulto delle borse, il titolo Tesla è caduto più di ogni altro aprendo fortemente in calo le contrattazioni nella giornata in cui il Coronavirus piomba su Wall Street.
Dal punto di vista finanziario, Tesla sembra essere un gigante di sabbia tanto affascinante quanto fragile, tenuto insieme più dall’ottimismo delle potenzialità che dalla forza dei numeri. Questo aspetto non può essere sottovalutato perché dalla solidità economica dell’azienda dipende la ricerca e quindi la capacità del gruppo di Elon Musk di esprimere tutto il potenziale che incarna.
Tesla: un gigante di sabbia, per ora
Nella giornata in cui le conseguenze del Coronavirus si riverberano tra le borse di tutto il mondo (-5% in Italia), il Nasdaq cade del 4% e Tesla raddoppia il passivo superando in apertura anche -8,5%. Questo valore va interpretato nel suo contesto: non c’è un giudizio di solidità immediato, insomma, ma più che altro una facile fuga da un titolo che non offre sufficienti garanzie in un momento nel quale schizzano i beni rifugio e qualcuno monetizza scappando in preda al panico. La situazione in Cina continua a restare seria: stabilimenti chiusi, quarantena a oltranza, interi distretti fermi, acquisto di auto completamente azzerato: i calcoli si faranno alla fine, ma è facile comprendere come i problemi diventeranno sostanza nelle trimestrali delle aziende all’ora dei bilanci.
La volatilità legata a Tesla rimane alta e investire nell’azienda è questione di polso e di fiducia. Nervi saldi: questo serve quando si va sulle montagne russe. Tesla non è “vaporware” (come troppe volte la Silicon Valley si è espressa, soprattutto nell’era delle dot-com): le auto elettriche sono pronte alla grande scalata, Tesla è qui per rimanere , ma le sua possibilità di imporsi sul mercato automotive sono direttamente proporzionali alla velocità con cui saprà consolidare le proprie basi.
24 02 2020