C’è un aspetto che potrà portare la guida autonoma ad un nuovo livello, soprattutto sulle strade urbane: il 5G e la possibilità da parte delle auto di dialogare tra di esse. Questo elemento trasforma infatti l’auto a guida autonoma in un elemento integrato della mobilità, rendendo ogni singola vettura un corpo integrato in un sistema più ampio e complesso, nel quale ogni unità deve rispondere a regole precise non nel suo singolo interesse, ma nel mutuo interesse della fluidità del traffico. A beneficio di tutti.
La dimostrazione di questo elemento sta negli studi portati avanti dal team di Micheal Rubenstein, ricercatore della Northwestern University, il quale ha messo a punto un sistema che, rispetto ai molti fin qui portati avanti, ha una caratteristica peculiare: si tratta di un sistema integrato organizzato sui principi della decentralizzazione .
Dalla guida autonoma all’intelligenza connettiva
Il valore dell’idea di Rubenstein sta nel fatto che un sistema complesso non possa reggere l’impatto con la realtà se un qualche tipo di collo di bottiglia rischia di ostruire l’intero processo. Localizzare l’intelligenza complessiva in un sistema centralizzato, ad esempio, rischia di mandare tutto in tilt nel caso in cui per qualche motivo dovesse fallire il lavoro di organizzazione. Al tempo stesso un qualsiasi processo simile sarebbe destinato a fallire se anche solo uno dei suoi componenti dovesse fallire nella propria missione a causa di qualche malfunzionamento. Rubenstein ha pertanto messo a punto un sistema adattivo, in grado di auto-risolvere anche eventuali disfunzioni, ma completamente decentralizzato affinché ogni singolo elemento sappia riprogrammarsi sulla base delle necessità del momento .
Per comprendere come un processo simile possa essere adattato alla realtà degli spostamenti delle auto sul circuito urbano, laddove il traffico si fa più complesso e la fluidità degli spostamenti è fondamentale per rendere quanto più rapido il deflusso dei veicoli, è sufficiente vedere la dimostrazione messa a punto dallo stesso ricercatore su 1024 robot in grado di spostarsi senza mai scontrarsi ed in grado di riconfigurare la propria posizione in base alle necessità:
Non si tratta che di un “proof-of-concept”, nulla che possa essere realmente applicato al traffico stradale né di oggi, né di domani. Servirà ancora molto tempo affinché una cosa simile possa essere realizzata. Tuttavia l’importanza sta nel principio di base: occorre definire l’idea alla base del processo prima di poter calibrare gli algoritmi e mettere a punto l’infrastruttura .
Serviranno dunque auto a guida autonoma, in grado di rispondere a comandi determinati invece che alla logica imprevedibile dell’uomo; serviranno sensori e connettività (il 5G potrà far molto da questo punto di vista, ma sarà probabilmente il 6G la giusta dimensione applicativa); serviranno sistemi di dialogo “mesh” tra le vetture. Serve un’evoluzione oggi ancor troppo complessa per poter prevedere quando la si potrà andare a realizzare: l’orizzonte temporale non è oggi tema sul tavolo della discussione.
La mobilità è un problema e le università stanno lavorando per cercare una soluzione. Quella che vediamo oggi è soltanto l’alba di un processo destinato ad evolvere ancora molto: in questa fase stiamo inoculando intelligenza nelle singole vetture, ma i risultati perseguibili non sono nulla rispetto a quella che potrà essere l’intelligenza connettiva della mobilità che verrà in un futuro più lontano.
04 03 2020