La più giusta delle proteste, ma nel momento più sbagliato. Dopo anni di tensioni sulla difficile situazione delle pompe di benzina, i cui margini di profitto sono compressi da più parti e nel mezzo dell’infinita polemica sulle accise e sul costo del carburante, il Coronavirus tocca il nervo scoperto portando al blocco dei gestori esattamente nel mezzo della crisi più grave che l’Italia abbia sperimentato da molti decenni a questa parte. Sciopero inopportuno? Ognuno tragga le proprie conclusioni, ma con il dovere di capire da dove nasce questa situazione.
Sciopero dei benzinai dal 25 marzo
La spiegazione di questa decisione è nelle parole delle sigle Faib, Fegica e Figisc/Anisa :
In un Paese che – malgrado i limiti strutturali e l’assoluta drammaticità della situazione – cerca e spesso trova il modo per far scattare meccanismi di solidarietà, c’è una categoria di persone, oltre 100.000 in tutta Italia, che, senza alcuna menzione, ha finora assicurato, senza alcun sostegno né di natura economica, né con attrezzatura sanitaria adeguata, il pubblico servizio essenziale di distribuzione di energia e carburanti per il trasporto di beni e persone.
100.000 persone che hanno continuato a fare il loro lavoro (ridotto mediamente dell’85%) a rischio della propria incolumità e mettendo in pericolo la propria salute, presidiando fisicamente il territorio, rimanendo dove sono sempre state e dove ogni cittadino di questo Paese è abituato a trovarle ogni giorno, vale a dire in mezzo alla strada.
E forse, proprio per questa ragione, queste 100.000 persone risultano essere letteralmente invisibili, presenza data per scontata, indegna persino di quella citazione che di questi tempi non si nega a nessuno. Noi non siamo certo eroi, né angeli custodi. Ma nessuno può pensare di continuare a trattarci da schiavi, né da martiri.
Si getta sul tavolo della discussione, quindi, sia la difficile situazione economica che la difficile situazione sanitaria in corso, ricordando i rischi che i benzinai stanno correndo per garantire il servizio e tutto ciò con profitti sprofondati a seguito del blocco della circolazione per il contenimento del Coronavirus. Di qui la decisione: giù i battenti, pompe ferme.
Noi, da soli, non siamo più nelle condizioni di assicurare né il necessario livello di sicurezza sanitaria, né la sostenibilità economica del servizio.
Di conseguenza gli impianti di rifornimento carburanti semplicemente cominceranno a chiudere: da mercoledì notte quelli della rete autostradale, compresi raccordi e tangenziali; e, via via,tutti gli altri anche lungo la viabilità ordinaria.
Una stretta progressiva che suona come una terribile minaccia per il paese: con specifici accordi si era fin qui garantita la circolazione delle merci , ma se i benzinai non faranno la propria parte allora il paese sarà inevitabilmente ed inesorabilmente fermo nel giro di breve.
Il comunicato sembra mettere in conto “il rischio dell’impopolarità”, ma – francamente – sembra sottovalutare questo stesso rischio:
Correremo il rischio dell’impopolarità e dei facili strali lanciati da comode poltrone, ma davvero non abbiamo né voglia, né la forza per spiegare o convincere delle solari ragioni che ci sostengono. Chi volesse approfondire può chiedere conto a Governo, concessionari autostradali, compagnie petrolifere e retisti indipendenti: a ciascuno di essi compete fare per intero la propria parte se si vuole assicurare la distribuzione di benzina e gasolio.
Il problema dei distributori di carburanti è serio e concreto da molto tempo, più volte è venuto a galla con vari scioperi nel giro degli ultimi mesi, ma questo è un contesto del tutto particolare ed il “rischio dell’impopolarità” va ben oltre quello che è solitamente. Occorrerà fermare immediatamente questa opzione, perché a pagarne saranno anche quelle stesse famiglie che i benzinai spiegano – a ragione – di voler tutelare.
24 03 2020