Tesla ha un problema di chip: i clienti cinesi non perdonano

In Cina i clienti Tesla sembrano poco propensi a perdonare il chip installato sulle Model 3 in sostituzione del promesso Hardware 3: Tesla porta avanti le sue ragioni, la FSD porterà la pace.
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In Cina i clienti Tesla sembrano poco propensi a perdonare il chip installato sulle Model 3 in sostituzione del promesso Hardware 3: Tesla porta avanti le sue ragioni, la FSD porterà la pace.

Tesla potrebbe aver un piccolo ostacolo ulteriore da affrontare dopo la montagna del Coronavirus ; in Cina potrebbe essere pronta una denuncia collettiva (una sorta di class action) per chiedere una qualche forma di risarcimento da parte dell’azienda in conseguenza del fatto che l’auto consegnata non è esattamente corrispondente all’auto ordinata.

Tesla, il chip sbagliato e le spiegazioni

Il caso è noto: Tesla ha consegnato in Cina alcune vetture Model 3 caricando sul dispositivo un chip di tipo Hardware 2.5 invece che il nuovo (e particolarmente esaltato dall’azienda) Hardware 3 . Il problema è che tale situazione non è stata comunicata dall’azienda, ma soltanto spiegata in una fase successiva dopo che la scoperta è stata effettuata al di fuori del perimetro Tesla. Insomma: colti con le mani nella marmellata, si è cercata una spiegazione.

La spiegazione portata avanti appare peraltro estremamente plausibile e con ogni probabilità sarà sufficiente a calmierare il fattore di rischio legale. Tesla, infatti, ha spiegato che il sistema Hardware 3 è realmente utile soltanto se applicato agli algoritmi della nuova funzione Full Self-Driving , attualmente non rilasciata. Il chip caricato, insomma, offrirebbe ad oggi medesime performance mentre la versione 3 sarebbe efficace soltanto nel caso in cui la guida autonoma fosse attiva. La scelta sarebbe stata portata avanti soltanto a causa di un rallentamento nella fornitura dei chip, dunque Tesla avrebbe agito per giusta causa, velocizzando le consegne con la promessa (mai in realtà dichiarata) di sostituire il chip il giorno in cui il proprietario dell’auto avesse chiesto l’attivazione della modalità Full Self-Driving.

La controparte ha le sue ragioni, perché di fatto l’auto acquistata doveva avere in dote un chip diverso (e molto più potente) rispetto a quello effettivamente installato. In assenza di spiegazioni, l’azienda è in difetto. Le ragioni dell’azienda, per contro, sembrano sgonfiarne la colpa perché in termini pratici il danno non è effettivo.

Il caso è destinato quindi probabilmente a sciogliersi con il sole primaverile (e, si spera, con l’evolvere della pandemia), soprattutto di fronte alla selva di problemi che già questo periodo porta con sé nel mondo automotive. Per Tesla si configura però un errore di comunicazione che rischia di incrinare la fiducia nel brand, soprattutto in un mercato ad alto potenziale come quello cinese. Basterà uno sconto extra sulla funzione per la guida autonoma a spegnere ogni attrito? Scommettiamo di si.

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12 03 2020
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