I giorni del Coronavirus sono quelli in cui su tutti i mercati azionari si guarda con una certa apprensione a quel che sta accadendo al prezzo del petrolio. Il fatto che la Cina stia bloccando industrie e trasferimenti, e con essi prodotti e turismo, infatti, proietta sul 2020 una possibile debacle in termini di prodotto interno lordo. Tutto ciò accade proprio laddove il PIL è stato trainante per l’intera industria mondiale, altrimenti in fase di stallo. Il rischio che le borse orientali stanno fotografando in queste ore è proprio questo: stiamo per avviarci ad un anno di recessione, con la Cina a fare da capofila a quello che potrebbe essere un effetto dominio internazionale?
Ma non solo: sussiste il rischio reale di un effetto domino che potrebbe scatenare un’ondata di vendite sui mercati, avvitando la situazione al ribasso e portando così ad una fase recessiva che potrebbe spingere ulteriormente al ribasso il prezzo del greggio? Tale possibilità sembra al momento ancora ridotta, ma l’ombra della Cina si è sicuramente allungata fino all’Occidente e con il passare dei giorni l’attenzione sale con sempre maggior intensità.
In questo contesto Tesla prima vola verso quota 1000, poi sperpera tutto nelle 24 ore successive . Con una volatilità che ha poca logica e molta speculazione.
Tesla, occhio al petrolio
Tesla sta macinando in ogni caso record su record al NASDAQ e tutto appare pronto per proseguire nella direzione di quell’incredibile exploit che sta mettendo in allarme chi ha portato avanti vendite allo scoperto sul gruppo (scommettendo dunque sul tracollo finanziario dell’azienda). I vecchi modelli vendono bene, la Model Y sta per arrivare e tutto sta girando per il meglio (le sentite le vibrazioni?), ma il crollo del petrolio (-20% la domanda di greggio dalla Cina in questo inizio 2020 rispetto al 2019) potrebbe per certi versi rallentare l’esplosiva (pur se sincopata) ascesa del gruppo in prospettiva.
Gran parte degli utenti che in questi giorni si stanno chiedendo se investire o meno in un’auto elettrica nel prossimo futuro, oggi guardano a Tesla come la più avanzata delle opzioni disponibili. Tuttavia ogni calcolo di opportunità dovrà essere rimodulato nel caso in cui il petrolio dovesse toccare nuovi ribassi, arrivando così ai minimi degli ultimi 5 anni. Questa situazione, infatti, potrebbe portare il carburante a prezzi inferiori , allungando i tempi in cui l’opzione elettrica motiva una transizione dai carburanti tradizionali alla colonnina. In pratica: meno costa il carburante, meno conviene passare all’elettrico.
Certo, ci sono le polveri sottili e il blocco del traffico ; certo, c’è una maggior sensibilità ecologica; certo, la Tesla è cool a prescindere. Però la guida autonoma è ancora un sistema fragile, l’acquisto di modelli oltre i 40-50 mila euro non è cosa alla portata di tutti ed a conti fatti nel medio periodo la convenienza della ricarica elettrica è tutta da dimostrare. Non solo: laddove i carburanti tradizionali (magari con un qualche maquillage ecologico) riuscissero ad assestarsi a prezzi minori, la domanda di diesel e benzina potrebbe tornare a salire demotivando gli onerosi investimenti di conversione che gran parte del mercato dell’auto ha messo in preventivo.
Che succederà, quindi? Molto dipende dal Coronavirus, perché in questa fase di transizione può rappresentare uno shock che accelera una rivoluzione o che ne annichilisce i presupposti. Maggiore è la durata della fase di allarme e maggiori sono le possibilità che il tutto si riversi con violenza sui mercati internazionali, con conseguenze in buona parte non prevedibili (ma ad oggi ancora non metabolizzate da titoli azionari che continuano la loro ascesa). Per Tesla sarà dunque questo un passaggio estremamente delicato, ma la forza con cui il titolo sta salendo sembra fotografare tutta la fiducia dei mercati nel fatto che la corsa dell’auto elettrica sia destinata a continuare inesorabile.
Tesla è qui per rimanere. Shortisti avvisati. Ma nel frattempo a farsi notare è chi ha venduto appena prima del rush di questi ultimi giorni: il Public Investment Fund dell’Arabia Saudita è uscito dalla scommessa su Tesla negli ultimi giorni di gennaio vendendo la totalità delle proprie azioni, qualcosa come il 4,9% della proprietà Tesla. Esatto: un paese che vive di petrolio ha deciso di scappare da Tesla e lo fa poche ore prima del grande strappo verso l’alto. Coronavirus, petrolio e Tesla potrebbero essere collegati da un filo invisibile destinato a svanire o a strapparsi: lo scopriremo presto.
06 02 2020